Descrizione
La Battaglia di Altavilla
La tradizione popolare vuole che il Conte Ruggero, stanco di avere combattuto una intera giornata, invocò dal cielo la grazia di vincere e fu esaudito.
Al calar della sera, quasi a fermare il giorno, gli apparve l'immagine trionfante di S.Michele Arcangelo, che lo condusse alla vittoria.
In segno di gratitudine il condottiero avrebbe edificato una cappelletta votiva, che tuttora esiste nei pressi dell'Abbazia, ed eretto il Monastero Basiliano, dedicandolo a San Michele Arcangelo.
Alla luce delle notizie storiche però pare che più che animato da sentimenti di religiosità, egli fosse animato dal proponimento di assecondare il papato. In effetti Urbano II ratificò l'operato del Conte e nel 1098 una bolla pontificia concesse a lui e ai suoi successori i poteri esclusivi di legato apostolico in Sicilia e in Calabria.
Al calar della sera, quasi a fermare il giorno, gli apparve l'immagine trionfante di S.Michele Arcangelo, che lo condusse alla vittoria.
In segno di gratitudine il condottiero avrebbe edificato una cappelletta votiva, che tuttora esiste nei pressi dell'Abbazia, ed eretto il Monastero Basiliano, dedicandolo a San Michele Arcangelo.
Alla luce delle notizie storiche però pare che più che animato da sentimenti di religiosità, egli fosse animato dal proponimento di assecondare il papato. In effetti Urbano II ratificò l'operato del Conte e nel 1098 una bolla pontificia concesse a lui e ai suoi successori i poteri esclusivi di legato apostolico in Sicilia e in Calabria.
La Leggenda di Castelluccio
Una vecchia leggenda racconta che un gran sultano di Costantinopoli affermò una volta :la Sicilia resterà sempre povera fino a quando il tesoro di questa montagna dove c'era una volta una città e un palazzo imperiale , non sia disotterrato.
Questo ha spinto già molti anni fa alcuni giovani a recarsi di notte sulla montagna per scongiurare i diavoli che facevano la guardia al tesoro.
Mentre scavavano essi videro una grande quantità d'oro in una profondità.
Un giovane più intraprendente cercò di scendere giù. Improvvisamente però la terra cominciò a chiudersi sopra di lui: egli si spaventò, chiamò in aiuto tutti i santi e così sfuggì al pericolo, ma il tesoro sparì sotto la massa di terra.
Questo ha spinto già molti anni fa alcuni giovani a recarsi di notte sulla montagna per scongiurare i diavoli che facevano la guardia al tesoro.
Mentre scavavano essi videro una grande quantità d'oro in una profondità.
Un giovane più intraprendente cercò di scendere giù. Improvvisamente però la terra cominciò a chiudersi sopra di lui: egli si spaventò, chiamò in aiuto tutti i santi e così sfuggì al pericolo, ma il tesoro sparì sotto la massa di terra.
La Leggenda di Franco
La Leggenda di Franco parla della sorte toccata ad un giovane schiavo di origine etiopica, a nome Franco.
Narrasi al riguardo che nel sec. XVI, tempo in cui il territorio di Sant'Angelo era in gran parte coltivato a gelsi per l'industria del baco da seta, su cui allora poggiava principalmente l'economia del paese, trovavasi alle dipendenze di un proprietario terriero, un moretto chiamato Franco, originario dall'Africa e precisamente dalle zone in cui esistevano miniere d'oro.
Il caso volle che, durante la temporanea assenza del proprietario da Sant'Angelo, avendo il moretto stesso scorto in quei paraggi alcuni materiali d'aspetto aurifero, ebbe l'idea di tentare l'estrazione del preciso metallo, mediante l'azione del fuoco su di essi, e cioè collocandoli su cataste di legna da ardere.
Non avendo egli a sua disposizione altri combustibili, si servì a tale scopo di alcuni alberi di gelso da lui appositamente tagliati.
Sebbene l'esperimento avesse avuto esito positivo, l'arbitrario taglio di tali alberi, provocò nell'animo del di lui padrone, appena ritornato, tale impeto d'ira, per quanto, senza ascoltare le scuse del momento che dicevagli di aver estratto dell'oro, lo uccise con una fucilata, dandogli poi sepoltura nel posto denominata ancora oggi: "il fosso di Franco", situato un po' più giù degli avanzi della Chiesetta rurale di S. Giuseppe .
Narrasi al riguardo che nel sec. XVI, tempo in cui il territorio di Sant'Angelo era in gran parte coltivato a gelsi per l'industria del baco da seta, su cui allora poggiava principalmente l'economia del paese, trovavasi alle dipendenze di un proprietario terriero, un moretto chiamato Franco, originario dall'Africa e precisamente dalle zone in cui esistevano miniere d'oro.
Il caso volle che, durante la temporanea assenza del proprietario da Sant'Angelo, avendo il moretto stesso scorto in quei paraggi alcuni materiali d'aspetto aurifero, ebbe l'idea di tentare l'estrazione del preciso metallo, mediante l'azione del fuoco su di essi, e cioè collocandoli su cataste di legna da ardere.
Non avendo egli a sua disposizione altri combustibili, si servì a tale scopo di alcuni alberi di gelso da lui appositamente tagliati.
Sebbene l'esperimento avesse avuto esito positivo, l'arbitrario taglio di tali alberi, provocò nell'animo del di lui padrone, appena ritornato, tale impeto d'ira, per quanto, senza ascoltare le scuse del momento che dicevagli di aver estratto dell'oro, lo uccise con una fucilata, dandogli poi sepoltura nel posto denominata ancora oggi: "il fosso di Franco", situato un po' più giù degli avanzi della Chiesetta rurale di S. Giuseppe .
La Leggenda di Pietra zita
La Leggenda di Pietra zita accenna alla esistenza, nella località che porta tale nome, di un ingente tesoro ivi nascosto, reso intangibile dalla sovrumana protezione dell'incantesimo.
Simile immaginaria protezione, che assumerebbe alle volte forme materiali terrorizzanti ed aggressive, è una superstizione del popolino, il quale crede nella rimanenza dello spirito, a difesa del posto dove ha avuto luogo l'uccisione di un essere umano.
Secondo tale leggenda vuolesi che verso il sec. XV, durante il periodo cui l'alta valle di Coniglione, nel territorio di S. Angelo, era infestata dal brigantaggio, fu rapita da quei banditi, una bella giovane mentre stava per recarsi a nozze.
Condotta con violenza presso il loro capo, il quale dimorava nelle caverne adiacenti ad un enorme masso a cui è stato poi dato il nome di "Pietra Zita" (Pietra del fidanzamento), la ragazza si ribellò vivamente, non volendosi prestare alle voglie di quel bruto il quale, preso dall'ira, la uccise dopo averle detto: "Custodirai col tuo sangue il tesoro che qui trovasi nascosto! ".
Simile tesoro costituito dalla refurtiva di quei briganti, sarebbe cosi rimasto sotto la custodia dell'incantesimo. Sebbene al riguardo siano state fatte delle ricerche, con esito sempre negativo, sembra pero che qualche cosa di vero possa esservi in tale leggenda, considerata il nome di Pietra Zita assegnata alla località.
Simile immaginaria protezione, che assumerebbe alle volte forme materiali terrorizzanti ed aggressive, è una superstizione del popolino, il quale crede nella rimanenza dello spirito, a difesa del posto dove ha avuto luogo l'uccisione di un essere umano.
Secondo tale leggenda vuolesi che verso il sec. XV, durante il periodo cui l'alta valle di Coniglione, nel territorio di S. Angelo, era infestata dal brigantaggio, fu rapita da quei banditi, una bella giovane mentre stava per recarsi a nozze.
Condotta con violenza presso il loro capo, il quale dimorava nelle caverne adiacenti ad un enorme masso a cui è stato poi dato il nome di "Pietra Zita" (Pietra del fidanzamento), la ragazza si ribellò vivamente, non volendosi prestare alle voglie di quel bruto il quale, preso dall'ira, la uccise dopo averle detto: "Custodirai col tuo sangue il tesoro che qui trovasi nascosto! ".
Simile tesoro costituito dalla refurtiva di quei briganti, sarebbe cosi rimasto sotto la custodia dell'incantesimo. Sebbene al riguardo siano state fatte delle ricerche, con esito sempre negativo, sembra pero che qualche cosa di vero possa esservi in tale leggenda, considerata il nome di Pietra Zita assegnata alla località.